Questo periodo di coronavirus e l’essere bloccati in casa ci sta costringendo ad una modalità ritiro. Fantastico! Allora perché andiamo fuori di testa? Semplicemente perché non sappiamo cosa fare con la nostra mente; non lo impariamo. Nella nostra cultura ci definiamo esseri sociali. Pensiamo sia deprimente stare da soli!

Un uccello ha bisogno di due ali: saggezza e compassione. Compassione, l’essere di beneficio agli altri, questo è il punto. Ma, come dice Sua Santità il Dalai Lama, la compassione non è sufficiente; abbiamo bisogno della saggezza. 

“Saggezza” suona grandioso, ma è pratico. Tutti abbiamo una mente; tutti abbiamo emozioni di infelicità, tutti abbiamo amore gentilezza e intelligenza. La visione buddhista è che dobbiamo imparare a diventare intimamente familiari con i contenuti della nostra mente, in modo che possiamo riconfigurare tutte le storie al suo interno. Non siamo scolpiti nella pietra. Dobbiamo diventare il nostro stesso terapista, come ha detto perfettamente Lama Yeshe. Noi stessi ne trarremo beneficio. E dopo possiamo essere di beneficio agli altri.

Lo scenario ideale per questo lavoro interiore è essere da soli. Come posso lavorare sulla mia rabbia nel bel mezzo di una lite con mia sorella? Come posso aiutare gli altri se non ho idea di che cosa succede nella mia mente?

Persino cinque minuti mattina e sera

Cito sempre questo fatto: apparentemente circa il quaranta per cento delle donne che vengono assassinate in tutto il pianeta sono uccise dal tipo che sta nello stesso letto. Non è femminismo. È non essere consapevoli di quello che succede nella nostra mente. La vera natura delle allucinazioni, in special modo dell’attaccamento che sta alla base della rabbia e delle altre emozioni nevrotiche, è il guardare all’esterno, scaricare sull’altra persona, dare la colpa. È il non pensare neppure per un secondo che abbiamo bisogno di spazio.

Come buddhisti, l’ideale è prendersi il tempo per un ritiro serio: settimane o mesi. Ma se non possiamo farlo – o anche se possiamo – è vitale prendersi un po’ di tempo ogni giorno, mattina e sera: come reggilibri della giornata. Per lo meno, leggete alcune piccole inspirazioni, fate un po’ di meditazione, recitate alcuni mantra.

O iniziate semplicemente la vostra giornata con una motivazione: “Farò del mio meglio oggi per controllare la mia parola.” La parola è enorme, può fare un danno molto grande. Sapete con chi starete durante la giornata, vero? Sapete che starete con i bambini, con vostro marito, con il vostro capo o con la persona che non sopportate al lavoro. A meno che non intendiamo fare qualcosa, non la facciamo. Come dice Lama Zopa Rinpoce, “Ogni cosa esiste sulla punta del desiderio.”

L’ambiente gioca un ruolo enorme

Lavoro con persone in carcere. Il primo prigioniero che ho incontrato fu un americano-messicano chiamato Arturo, nella metà degli anni novanta. Aveva scritto alla rivista Mandala quando ero l’editrice. Diceva che aveva letto un libro di Lama Yeshe ed era stato profondamente toccato dagli insegnamenti sulla compassione. Arturo era stato nelle gang da quando aveva 11 anni, nel carcere minorile da quando ne aveva 12, e poi fu processato come un adulto all’età di 16 anni e condannato a tre ergastoli. Aveva 18 anni quando l’ho incontrato.

Era cresciuto nelle strade di Los Angeles, dove ci sono centinaia di gang. Questo era tutto ciò che conosceva. Era il suo ambiente, le sue condizioni. Aveva buon cuore, era intelligente, ma quando siete in quell’ambiente siete costretti a comportarvi in un determinato modo. È come se non ci fosse scelta.

Se avesse visto quel libro di Lama mentre era in strada, avrebbe riso e lo avrebbe buttato nel gabinetto. Ma, all’improvviso, eccolo in quella Security House Unit – SHU, come è chiamata – in lockdown permanente ventitré ore al giorno, con spazio e tempo per riflettere. La sua parte migliore poteva venire in superficie.

Le condizioni hanno un ruolo immenso. Posso vederlo con me stessa. Sono cresciuta in una famiglia di sette bambini, vicini d’età. Eravamo poveri, così dovevamo condividere i letti. Eravamo l’uno sopra l’altro! C’erano continui litigi, certo che sì! C’era caos. Ed io ero la peggiore! Ero proprio un bullo. Eravamo sette dinamici esseri umani tutti in lotta per lo spazio, in lotta per capire chi eravamo.

Quando compii 13 anni mia madre mi mandò in collegio. Ero così disubbidiente. Il suo punto di rottura fu quando mi scoprì mentre camminavo baldanzosamente su è giù per la strada principale – con il suo rossetto, orecchini e tacchi alti – cercando di sedurre il figlio sedicenne del verduraio!

Sapete cosa successe in collegio? Improvvisamente avevo il mio letto, la mia scrivania. Avevo disciplina e struttura. Andavo a Messa ogni mattina. Studiavo e passavo gli esami per la prima volta. Ero in paradiso. Ero diventata santa in una notte!

Che cosa era cambiato? Come per Arturo: le mie condizioni esterne. Finalmente avevo lo spazio per scoprire la mia mente. Avevo scoperto il mio potenziale. Era come un miracolo.

Così, sebbene la mente sia la cosa principale, le condizioni giocano un ruolo molto potente.

Un giorno alla volta

Quindi prendetevi del tempo ogni giorno, come vi ho detto. Non è egoista. È intelligente. È rispetto verso se stessi, vi dico. Fate la vostra pratica di purificazione alla fine della giornata, e quindi, come dice Lama, andate a dormire con la mente felice.

E procedete un giorno alla volta.

Dal Blog della ven. Robina Courtin: https://robinacourtin.com/robina-s-blog/we-all-need-retreat-time/

Traduzione: Etta De Martino
In foto: Robina Courtin