Da una prospettiva buddista, l’attaccamento è un bisogno nevrotico di ottenere ciò che vogliamo ogni secondo, e subito, ciò è frustrante e sorge la rabbia.

Poiché l’attaccamento è una fantasia, non è sostenibile, la bolla deve scoppiare, e non ha nessun posto dove andare, se non nell’avversione, lo stato mentale che consolida la rabbia (o la noia, l’indifferenza, e l’egoismo). Nei nostri sforzi senza fine per tenere a bada il panico, cerchiamo avidamente i suoni, gli odori, i gusti, i sentimenti, i pensieri, le parole giuste, ma nel preciso istante in cui non li otteniamo, sorge l’avversione, esplodendo all’esterno come rabbia o implodendo all’interno come depressione, senso di colpa, disperazione, odio verso se stessi.

La rabbia è un campo minato. Per poter muoversi attraverso, è bene eliminare gli strati che circondano questa intensa emozione e analizzare che cosa non è. La rabbia non è fisica. La rabbia è parte della nostra mente, e, secondo il Buddha, la nostra mente non è fisica. Esiste sulla base del nostro cervello, dei geni, delle reazioni chimiche, ma non è queste cose. Quando la rabbia è forte, scatena enormi sintomi fisici: il sangue ribolle, il cuore batte velocemente, gli occhi si spalancano in panico, le voci gridano. O se invece sperimentiamo l’avversione come depressione, il corpo si sente come piombo; non c’è energia, una terribile inerzia. Ma queste sono semplicemente espressioni grossolane di ciò che infine è il pensiero: una storia elaborata concettualmente che esiste al livello di presupposto che esagera gli aspetti sgradevoli dell’oggetto della nostra rabbia – la persona o l’evento o noi stessi.

La rabbia non è colpa di qualcun altro. Questo non significa che la persona non mi abbia dato un pugno; certo che l’ha fatto. E non significa che quel darmi un pugno non sia stato sbagliato; certo che lo è stato. Ma quella persona non mi ha fatto arrabbiare. Il pugno è semplicemente il catalizzatore per la mia rabbia, una tendenza nella mia mente. Se non ci fosse rabbia nella mia mente, tutto ciò che avrei è un naso rotto. La rabbia non arriva dai nostri genitori. Ci piace dare la colpa ai nostri genitori!

In realtà, se il Buddha si fosse sbagliato nella sua asserzione che la nostra mente arriva da precedenti vite ed è sospinta dalla forza delle nostre azioni passate nell’utero di nostra madre; e se i materialisti avessero ragione nell’asserire che ci hanno creato i nostri genitori, allora dovremmo biasimarli. Come hanno osato crearmi, come Frankenstein e il suo mostro, dandomi la rabbia, la gelosia e tutto il resto! Ma non lo hanno fatto, asserisce il Buddha. (Ne lo ha fatto un essere superiore – ma non oseremmo biasimarlo!). Ci hanno dato un corpo; tutto il resto è roba nostra (incluse le nostre buone qualità).

La rabbia non è soltanto l’urlare. Solo per il fatto che una persona non urli e non inveisca, non significa che non sia arrabbiato. Quando capiamo che la rabbia è basata sul pensiero chiamato avversione, allora possiamo capire che siamo tutti arrabbiati. Naturalmente, se non guardiamo mai dentro di noi, non notiamo l’avversione; ecco perché le persone che non esprimono la rabbia la sperimentano come depressione o senso di colpa. La rabbia non è necessaria per un’azione compassionevole.

Il Dalai Lama una volta ha risposto ad un intervistatore, che suggeriva che la rabbia sembrava agire come un motivatore per l’azione, “So cosa intende. Ma con la rabbia, il desiderio di aiutare non dura. Con la compassione, non si abbandona mai.” Dobbiamo discriminare tra il bene e il male, ma il Buddha ha detto che dovremmo criticare l’azione, non la persona.

Come ha detto Martin Luther King, è ok trovare un errore – ma poi dovremmo pensare, “Cosa posso fare al riguardo?” È lo stesso nel guardare le nostre proprie colpe, invece di sentirci colpevoli dovremmo pensare, ”Cosa posso fare al riguardo?” Allora possiamo cambiare. La rabbia e il senso di colpa sono paralizzanti, impotenti, inutili. La rabbia non è necessaria. Spesso pensiamo che abbiamo bisogno della rabbia per essere un ragionevole essere umano; che non è naturale non averla; che ti da la prospettiva alla vita. È un po’ come pensare che per apprezzare il piacere dobbiamo conoscere il dolore. Ma ciò è ovviamente ridicolo: perché io apprezzi la tua gentilezza, devi prima darmi un pugno sul naso? La rabbia non è il cuore del nostro essere. La scoperta fondamentale del Buddha è che l’attaccamento, la rabbia, la gelosia e le altre nevrosi non sono il cuore del nostro essere. Poiché sono stati mentali errati, falsità, idee sbagliate, è logico che non siamo bloccati con essi. Questo è liberatorio e può guidare la nostra pratica quotidiana a vedere chiaramente la mente, ascoltare le storie elaborate che sostengono le nostre emozioni nevrotiche , imparare a non crederci, e così allentare gradualmente la presa.

~ Robina Courtin